PAGINE ARCHIVIATE

   

 

   LE SPIAGGE, PROPRIETÀ DI CHI PUÒ PAGARE?

 

Firma e fai girare la petizione attiva, per chiedere che almeno LA METÀ DI OGNI SPIAGGIA, in tutto il territorio italiano, venga LIBERATA da insediamenti fissi.

 

 
 

 

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Pubblicato giovedì 23 ottobre 2014. Archiviato 16 dicembre 2014

LA CIVILTÀ DELLA SPAZZATURA

    Questo appello è indirizzato a chiunque ha un dovere verso la "cosa pubblica": quindi a tutti i cittadini. In particolare è destinato agli abitanti, ai frequentatori e agli amministratori pubblici del Canavese.
    La lettera che segue è stata inviata alla Provincia di Torino e ai Comuni di: Leinì, San Benigno, Lombardore, Rivarolo. e Feletto. 
Invito tutti coloro che hanno a cuore la pulizia del proprio territorio a far girare questa pagina affinché qualcuno leggendola si possa riconoscere. 
SP460 Gran Paradiso, tra Leinì e Lombardore  
SP460, Km 5


  
    Mi piacerebbe poter parlare soltanto di civiltà, ma ahimè in quest'epoca è difficile parlarne senza parlare di sporcizia e spazzatura: inevitabile conseguenza del consumismo.
Mi capita a volte, percorrendo strade extra urbane, di vedere sul ciglio della strada delle buste di plastica piene di spazzatura buttate da qualche imbecille. Ma si tratta di avvenimenti sporadici, o temporanei, perché qualcuno si preoccupa di far ripulire. In questa casistica, certamente, non rientra la SP460, tra Leinì e Lombardore: una vergogna così, che persiste da decenni, non l'ho visto nemmeno nelle periferie di Paesi sottosviluppati.

    Da una quindicina di anni frequento assiduamente il Canavese e settimanalmente passo in questa strada. L'ultima volta che sono stati ripuliti gli slarghi (aree di sosta) della su detta strada risale almeno a sei o sette anni fa. Con delle foto posso documentare il progressivo accumulo degli oggetti lì depositati. Ma chi è colpevole di tale incuria? Forse il colpevole sono io stesso, perché non ho scritto prima questa lettera di protesta.
    Penso che ogni cittadino che tutte le mattine ha facoltà di poter decidere se quel giorno vuole mangiare o vuole digiunare, lo può fare perché certamente ha la fortuna di vivere nella società del benessere. Ma non sempre il benessere è sinonimo di civiltà. La civiltà di un popolo, recita un dizionario, è Forma elevata di organizzazione sociale, raggiunta grazie a un adeguato sviluppo di conoscenze materiali e intellettuali, progresso, educazione, rispetto per gli altri, urbanità. Quindi far funzionare l'urbanità, cioè la “cosa comune” è civiltà.

    Far funzionare la cosa pubblica non richiede un atto di eroismo: quello appartiene a chi si sacrifica, a volte fino alla morte, per un alto ideale; e non si tratta nemmeno di aspirazione alla perfezione umana: persino a Dio alcuni uomini sono venuti una schifezza. In questo caso, far funzionare la cosa pubblica consiste semplicemente nell'occuparsi degli “escrementi” abbandonati da imbecilli.
Per evitare incomprensioni, mi spiego meglio: dove non arrivano gli effetti del processo di civilizzazione, devono, necessariamente, arrivare i provvedimenti di chi è pagato per gestire un bene pubblico.
    Non riesco a credere che chi ha il dovere di occuparsi del suolo pubblico non sia capace di risolvere un problema così banale: trovare una soluzione per la pulizia la SP460. Magari cercando di colpire duramente con delle multe salate questi imbecilli che abbandonano sulla strada la spazzatura. Qualcuno mi dirà che la saggezza consiglia di indulgere con gli imbecilli. Sono d'accordo. Ma non si può pretendere di farlo con chi imbecille non è; con chi amministra un bene pubblico.
La domanda che mi faccio oggi è la seguente: chi è più incapace, chi abbandona la spazzatura in quelle aree o chi dovrebbe pulire e non lo fa? Una prima semplicistica risposta è che sono incapaci sia gli uni che gli altri. Ma devo subito smentirmi, perché questo non è possibile: vorrebbe dire che chi è pagato per amministrare una cosa pubblica è un incapace.
    Allora faccio un'altra ipotesi: forse non si tratta di imbecillità, ma di menefreghismo.
Certamente chi abbandona in quei punti divani, materassi, sedie, forni, cucine ecc. è un imbecille ignorante, perché la raccolta dei rifiuti solidi è gratuita anche a domicilio. Ma è possibile che anche gli amministratori di un bene pubblico siano imbecilli e ignoranti?
    Spero che non sia così; anzi dico che è impossibile!
    Se non è possibile istallare delle telecamere per multare chi sporca, forse basterebbe tener pulito: perché gli imbecilli se vedono sporco aggiungono la loro dose, ma se trovano pulito, alcuni, desistono dallo sporcare. O forse basterebbe mettere in quei punti dei bidoni per la differenziata.
     A testimonianza di quanto detto, allego alla presente alcune foto.

    Nell'attesa di una soluzione del problema, provvedo a pubblicare questa lettera nel mio blog; a farne pervenire copia, e foto, ai giornali "La stampa" e "La sentinella", e ai sindaci dei Comuni interessati.
Un cordiale saluto
                                                                                                                                                           Francesco Corradino

     Alcuni amministratori dei comuni interessati hanno  dato risposta alla mia "protesta" scrivendomi.
In alcune lettere ho riscontrato il desiderio degli interessati alla soluzione del problema; alcuni, però, lamentando la mancanza di forze economiche per affrontarlo.
Avevo già, fin dall'inizio, deciso di non smettere di scrivere lettere finché il problema non fosse risolto, ed ho scritto la seconda lettera che pressappoco diceva così:

    Ho ricevuto risposta da alcuni amministratori di  comuni che si affacciano sulla SP 460; questo è già dare voce alla mia "protesta".  
Diceva un filosofo che spesso è inutile e vana la volontà non di chi intraprende cose facili, ma di chi vuole che siano facili le cose che ha intrapreso.
L'azione  di una sola persona, per quanto volenterosa, può essere fragile se non c'è nessuno che collabora per la soluzione di un problema.
    Da bambino vivevo in un paesino, dove c'era l'usanza di andare a raccogliere lumache se dopo un acquazzone estivo usciva il sole.  Alla mia prima esperienza, vissuta con altri coetanei, ne riempii una pentola. Soddisfatti per l'abbondante raccolto, ci dedicammo al gioco; non prima, però, di aver messo il coperchio alla pentola, in modo che le lumache non potessero fuggire.
Uno dei miei amici, già esperto di lumache, mi suggerì di mettere una pietra sopra il coperchio. Ma io, avendo interpretato come eccessiva la sua preoccupazione, mi limitai a mettere sulla pentola solo il coperchio.
Quando, dopo qualche ora passata a  rincorrere farfalle, tornammo a prendere le pentole, trovai la sorpresa: la mia era quasi vuota. Le lumache, con le loro fragilissime antenne, per  "magia" avevano alzato il coperchio, procurandosi la libertà con la magia dell' unione.
    Forse tutta l'umanità sapeva della forza delle lumache, ma io dovetti sperimentarla da me a mie spese.

    Chiedo scusa se mi sono dilungato nel raccontare questa metaforica esperienza, è principalmente un modo per ringraziare chi collabora. Ma se alla nostra debole forza si uniranno altre “lumachine”, forse riusciremo per magia a risolvere questo e altri problemi. 
                                                                                                                
    La metafora delle lumache, forse con la magia dell'unione, ha prodotto i suoi frutti: l'ultima settimana di novembre la SP 460 è stata accuratamente ripulita. Tornando ad essere espressione di un popolo civile.


SP460, Km 5

             Grazie a tutti coloro che, direttamente o indirettamente, hanno collaborato.

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Petizione "La legge DEVE ESSERE uguale per tutti".


 

 Questa lettera ( personalizzata per ogni destinatario) è stata inviata

Al sig. Presidente della REPUBBLICA ITALIANA [ROMA]
Al sig. Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura [ROMA]
Al sig. Presidente della Suprema Corte Costituzionale [ROMA]
Al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri [ROMA]
Al sig. MINISTRO DELLA GIUSTIZIA [ROMA]
Al sig. Presidente del Senato della Repubblica [ROMA]
Al sig. Presidente della Camera della Repubblica [ROMA]

E p.c. ad alcuni mezzi di informazione.


 Raccolgo adesioni, per chiedere che venga sostituita la scritta “La legge è uguale per tutti”, che sovrasta gli scranni delle aule di giustizia, con un'altra scritta priva di falsità e d'ipocrisia:

La legge deve essere uguale per tutti!

    L'articolo 3 della Costituzione, nel primo comma, dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. I Padri costituenti non potevano usare parole più sagge. Ma nell'applicazione, l'articolo tre viene rispettato?
È dimostrabile che tutti i cittadini non possono ricevere pari dignità dalle istituzioni se l'applicazione della legge non è uguale per tutti.
    Una quarantina di anni fa, nel dialetto del mio paese natale, sentivo pronunciare questo detto popolare: “ Cu avi sordi e amicizia sinni futti da giustizia!”. I detti popolari difficilmente contengono falsità. Spesso chi aveva amici influenti e danaro a sufficienza, riusciva a sfuggire alle maglie della giustizia.
    Dopo quarant'anni mi sembra che non sia cambiato niente. Oggi che vivo in una grande città la stessa frase la sento pronunciare in italiano, ma il senso non è cambiato: “La giustizia non è uguale per tutti!
Forse tale convinzione scaturisce dalla sensazione che abbiamo noi cittadini a seguito della troppa “indulgenza” che la giustizia ha verso alcuni potentati che hanno conoscenze in politica o in “paradiso”.
Quale idea si fa della giustizia un cittadino, che crede di vivere in una società del diritto e del dovere, quando si accorge che l'applicazione della legge è uguale solo per tutti i più deboli economicamente?
    Nel 1794 il giurista, illuminista, Cesare Beccaria pubblicava il trattato dal titoloDei delitti e delle pene” nel quale definiva qualunque reato “...un danno alla società, e quindi all'utilità comune.
Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino”,la condanna, raccomandava Beccaria,“dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata ai delitti, dettata dalle leggi”.
    Negli anni successivi la pubblicazione, il saggio di Beccaria influenzò filosofi, giuristi e pensatori in tutta Europa. Al pensiero di Beccaria, allora, si unì l'azione dell'Accademia dei Pugni, e ad esso si ispirarono illuministi come Voltaire e Diderot, e uomini di stato di diversi paesi. Persino la Zarina Caterina di Russia ne adottò apertamente il principio. Mentre, oltre oceano, i Padri fondatori degli Stati Uniti d'America, definendo il lavoro di Beccaria un autentico capolavoro, ne presero spunto per le leggi costituzionali statunitensi.
    Ma cosa succede nel nostro Paese, patria di Cesare Beccaria?
Possiamo dire, ed è comune convinzione, che le cose non siano andate in quel verso. In barba ai consigli di Beccaria, capita che da un lato ai più deboli, per pochi tributi non pagati, si pignorano case o beni persino di attività produttive; mentre sull'altro fronte, alla “casta” per gravi reati, vengono comminate condanne irrisorie.
    Due documentati casi, opposti, come esempio: un ragazzo, a Torino, dopo essersi licenziato perché non riceveva lo stipendio da sei mesi, denuncia alla magistratura il fatto. Al processo il datore di lavoro viene condannato, ma non avendo alcun bene intestato alla sua persona, non paga né il lavoratore e nemmeno le spese processuali. Qui per il giovane lavoratore interviene la “giustizia”: oltre il danno la beffa, lo Stato chiede al lavoratore già danneggiato le spese processuali.
    In un caso opposto, nella casta, ad un politico condannato per evasione fiscale di svariati milioni di euro, viene “inflitta” una pena ridicola: quattro ore settimanali di assegnazione ai servizi sociali per un anno. A questo evasore, che come diceva Beccaria ha arrecato un danno alla società, e quindi all'utilità comune, viene data da scontare una pena più adatta ad un adolescente che ha commesso una grave bravata.
    Mi chiedo: quanti cittadini sarebbero disposti a imitare il ragazzo di Torino e quanti invece pronti a frodare lo Stato di qualche milione di euro, sapendo di dover pagare con quattro ore di assegnazione ai servizi sociali?
    Sono due casi soltanto esemplificativi, ma, purtroppo, di corrotti e corruttori, che piegano le leggi dello Stato usando la politica, nel nostro Paese se ne possono elencare a migliaia.
Mi sembra evidente che di fronte a questa realtà troppo diffusa, qualsiasi cittadino che abbia un minimo senso dello Stato possa pensare che la legge non è uguale per tutti. E chiunque, purtroppo, può perdere fiducia nelle istituzioni.

    Beccaria raccomandava di non far durare troppo i processi, per non rallentare il corso della giustizia, per non dare la sensazione di una giustizia impotente; raccomandava anche di non trasformare i processi in spettacolo. Ma cosa avviene nelle nostre istituzioni? Per onorare le raccomandazioni di Beccaria, avviene che un politico, imputato, già condannato per altri reati, abbia facoltà di farsi difendere da un avvocato da lui stesso messo nelle liste elettorali e portato in parlamento. Per fare cosa, se non spettacolarizzare i suoi processi e manipolare il legittimo impedimento in tutte le salse possibili?
Piccola nota (si fa per dire, piccola): l'avvocato in questione, “Onorevole” è secondo tra gli assenteisti in parlamento, circa 95% di assenze, ma primo in classifica per inefficienza parlamentare. Alla faccia del conflitto di interesse! Ma che Paese stiamo costruendo?
    La domanda viene spontanea: sono i giudici che non sono capaci di assicurare una giustizia uguale per tutti, o è la politica che non dà ai giudici i mezzi per amministrarla? E chi governa il Paese, lo fa secondo i criteri di quell'equità che detta la Costituzione o lo fa secondo gli interessi personali di alcuni parlamentari corrotti o corruttori?
    Mi sembra chiaro che scardinando il sistema giudiziario, alla “casta” e a certi politici, è stato più facile piegare la legge e la giustizia a loro uso e consumo. Tanto, alla fine, chi paga tutte le inefficienze dello Stato è sempre l'anello più debole del sistema. Non ci si meravigli se i ragazzi crescono con l'idea che frodare lo Stato può essere più conveniente e sicuro di un lavoro.

    Ho avuto la fortuna di frequentare per un periodo i palazzi di giustizia. Per fortuna non da imputato ma da giudice popolare. In quell'esperienza ho acquisito la consapevolezza di quanta fatica facciano molti giudici nel cercar di applicare le leggi o farle rispettare.
Spesso molti avvocati usano i cavilli giudiziari come strumento di difesa, allungando i tempi del processo fino a farli giungere in prescrizione. Mi è capitato persino di essere chiamato in riunione alle nove di sera, per evitare che un mafioso venisse scarcerato per decorrenza dei termini. Se il giudice titolare non fosse stato attento, quel malvivente sarebbe stato scarcerato allo scadere della mezzanotte.
Povero Cesare Beccaria! Siamo il paese dove un processo non si può celebrare perché l'avvocato dell'imputato, (“onorevole”), quasi sempre assente , quel giorno (combinazione) è in parlamento a fare un illegittimo impedimento.
    Ma siamo anche il Paese dove ad un ragazzo che ha appena debuttato nel mondo del lavoro e perde sei tra i primi nove stipendi, lo Stato chiede il pagamento delle spese processuali. Che Bel Paese è questo?
    Però un punto converge con le raccomandazioni di Beccaria e di tanti altri ispiratori di giusta giustizia e necessaria moralità: abbiamo fatto scrivere nelle aule di tutti i tribunali che La legge è uguale per tutti. Ironicamente, vorrei che si aggiungesse: per tutti coloro che non hanno soldi e amicizie...
    Ma la mia non vuole essere ironia; voglio soltanto chiedere una piccola modifica alla falsa, quanto imperiosa frase, La legge è uguale per tutti, facendola diventare:
La legge deve essere uguale per tutti!

    Chi ritiene che le mie non sono soltanto fantasie e che l'articolo 3 della Costituzione non viene rispettato, può dar voce a questa iniziativa che mi è stata ispirata o “suggerita” da Cesare Beccaria, Pietro Verri, Giuseppe Mazzini, Benedetto Croce, Alcide De Gasperi, Piero Calamandrei, Ferruccio Parri e tanti altri cittadini possessori di un “istinto morale”.


                                                                                             Francesco Corradino 

                              http://francescocorradino.blogspot.it/





                                              


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