venerdì 21 luglio 2023

CONFESSIONE DI UN COMICO DI PROFESSIONE

Per scrivere questa riflessione, mi sono ispirato a Enrico Brignano, comico di professione.



Dal libro MUSEO DI CARTA


    Confesso che fin da bambino sognavo di fare il comico. Volevo farlo, avevo il talento necessario e ci sono riuscito. Far ridere è uno di quei mestieri che nessuno può importi di fare: può essere soltanto una personale scelta o, meglio, una dote personale.
In tutta la mia carriera non mi sono mai risparmiato nel cercare nuove combinazioni: abbigliamento ridicolo, mimica infantile, gesti buffi e disordinati mescolati a dosi di vera tristezza o di forzata allegria. Ho messo in fila parole secondo uno schema particolare in modo che, condite con un pizzico di ironia o sarcasmo, potessero suscitare risate.
    Ho curato quest’arte con impegno perché la mia aspirazione, fin dall'inizio, era quella di far ridere il prossimo; far ridere anche quell'ultimo spettatore, quello serioso di natura o triste per le avversità dalla sorte che se ne sta seduto in fondo alla sala. Ho fatto ridere anche quell’altro, quello che senza averne voglia è stato trascinato a teatro da un amico. Ma soprattutto ho divertito chi viene a teatro perché ha bisogno di ridere: quello che mi affida il compito di uccidergli la tristezza, quello che, dietro pagamento, mi trasforma in un sicario.
    Ricevo la mia soddisfazione più grande quando quell'ultimo spettatore in fondo alla sala, quello triste, risponde al mio impegno con una piena risata: è allora che mi sento veramente realizzato.
Non ho mai pensato di poter diventare ricco uccidendo la malinconia altrui. Se avessi cercato la ricchezza avrei scelto un altro mestiere, perché sapevo già che non ci si arricchisce assassinando la tristezza, però ci si può vivere. Per arricchirsi, semmai, alla gente bisogna uccidergli i sogni.
    Il prezzo del biglietto che pagate mi serve per vivere, ma voi con quei pochi denari vi liberate della vostra tristezza e trasformate me in un ammaliante sicario. Forse lo sapete già, ma ve lo voglio dire lo stesso: un reato si condanna da sé nel momento in cui si riceve del denaro per commetterlo; quindi, mi dichiaro colpevole.
    Ma lo spettacolo dura solo qualche ora e poi tu, spettatore, torni a casa. E la tua tristezza uccisa, dove la lasci? No, quella non la porti via, rimane in sala, la lasci a noi artisti.
    Dopo l’applauso, quando l’attore si spoglia dei vestiti del comico e si veste della fragilità dell'uomo, una parte di quella tristezza, che tu spettatore pagante pensi sia morta e lasciata in platea; invece, riprende vita e sale sul palcoscenico per cercare il suo assassino. E tu, che sei il mandante, credi di essere assolto solo perché hai pagato.
    Molte volte mentre la sala si svuotava, mi sono chiesto se fra gli spettatori, almeno uno, non dico uno tra quelli in fondo alla platea e nemmeno quello trascinato a teatro dall’amico, ma uno tra quelli seduti in prima fila che ha riso di cuore per tutta la serata. A quello chiedo se ha mai notato la mia malinconia, quella malinconia che scende nel mio animo quando tutti girano le spalle al palcoscenico per tornarsene nelle loro case. Quante volte (perdonate l’ossimoro) in silenzio ho gridato e ho pensato: “Come sarebbe bello se uno fra di voi si fermasse e si improvvisasse comico per qualche minuto, in una breve esibizione fuori dagli schemi convenzionali e facesse ridere anche me”. Avrei anch'io pagato un biglietto senza prezzo a quello spettatore, perché uccidesse un po' della mia malinconia, ma ad una condizione: che se la portasse via.

 

 

giovedì 1 giugno 2023

QUALE ITALIA HA DIPINTO QUESTO SORRISO?

 

Il 27 dicembre del 1947 il capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola firmava la Costituzione italiana, approvata dall'Assemblea Costituente. Dal primo gennaio del 1948, ogni italiano da suddito del monarca di turno, nell’articolo 2 della Carta costituzionale, diventava cittadino con diritti e doveri.
 
 
 

 

 Plebiscito del'47

Ma alcuni cittadini soffrirono per la perdita
del titolo di suddito.

 


 




 
 

 

 

 

 Politiche del 2022

 

Ci sono ancora cittadini che hanno nostalgia della sudditanza?

 


 

 

 

 

 

sabato 24 dicembre 2022

LA DECIMA MUSA


LA DECIMA MUSA

C’è una musa che mi tiene sempre d’occhio,

è molto attenta e mai che si distrae.

È cauta e puntuale come il grillo di Pinocchio.

 

Di quest’essere conosco solo il suo parlare:

poche parole e sempre sussurrate.

Non mostra il viso ma sa come farsi notare.

 

Interviene sempre con ragione e mai è casuale.

Non sentenzia e non condanna,

pur essendo intransigente più di un tribunale.

 

È una voce che comunica solo con bisbigli;

lo fa con tatto e discrezione:

indica vie, dà pareri e a volte anche consigli.

 

Non è madre, non è figlia né parente alla lontana,

fa quello che un amico deve fare:

lanciar parole, e non frecce come fa la dea Diana.

 

Di solito si mostra saggia e argomenti ne ha molti.

Un po’ giudice e un po’ consigliera,

mette in guardia sull’agire quando i fini sono stolti.

 

Non ha peli sulla lingua e non cura l’apparenza.

Parla con garbo e perseveranza.

Chiede conto di azioni che han creato sofferenza.

 

Mi disturba ed è severa quando pretende spiegazioni.

Vuol conoscere il necessario,

o il motivo superiore che giustifichi certe azioni.

 

Nemmeno tace un malinteso, è suo mestiere farlo.

Lo comunica all’orecchio piano,

e se deve evitare un danno è tenace come un tarlo.

 

Mi rattrista quando richiama con sermoni e affondi.

E c’è un rischio a non darle retta:

sa lasciar segni nell’anima che son molto profondi.

 

È la Coscienza ed è vano ignorare il suo"cantare":

lei non può tacere un disappunto.

Per non sentirla basta non darle motivo di fiatare.

 

                                                                                                                   F.C.       

domenica 24 aprile 2022

LIBERAZIONE, "Non si può estirpare un istinto morale"

 


   25 aprile, festa della Liberazione,  

Un omaggio a Ferruccio Parri 

... Dopo la visita a Mazzini Ettore salì per il vialetto che, abbarbicandosi sulla collina, portava in una zona del cimitero chiamato Boschetto dei Mille, per poi dirigersi dove si trovava una delle sue opere: la statua di Urania.
Lungo la salita dedicò un'altra breve ma doverosa sosta, nel Boschetto Irregolare, alla tomba di Ferruccio Parri, “Nobilissimo patriota, protagonista indomito della resistenza al fascismo” Così recita la lapide.
Ettore ammirava Parri perché divenuto, per il suo coraggio, il simbolo dell'Avversione Morale verso la dittatura fascista.
Ferruccio Parri nel 1927 venne accusato dal Tribunale Repressivo, istituito dal regime fascista, di aver organizzato e messo in atto, insieme a Carlo Rosselli e Sandro Pertini, la fuga in Corsica di Filippo Turati.
Arrestato e processato per tale azione, tra un interrogatorio e l'altro, Parri scrisse una lettera di spontanea confessione al giudice del Regime.
Tra i documenti che Ettore aveva nel cassetto, dai quali attingeva idee e ispirazione, c'era una copia della lettera di Ferruccio Parri indirizzata al giudice del Tribunale Repressivo. Quella lettera era l'espressione del pensiero dei giovani antifascisti che, come Mazzini, sognavano la Repubblica e la sognavano democratica.

Le mie idee sono di altri mille giovani, generosi combattenti ieri, nemici oggi, del traffico di benemerenze e del baccanale di retorica che contrassegnano e colorano l'ora fascista. Indenni da responsabilità recenti, intransigenti perché disinteressati, intransigenti verso il fascismo perché intransigenti con la loro coscienza, sono questi giovani i più veri antagonisti del regime, come quelli che hanno immacolato diritto di erigersene a giudici. Ad essi il fascismo deve, e dovrà, rendere strettamente conto delle lacrime e dell'odio di cui gronda la sua storia, dei beni morali devastati, della nazione lacerata. Il regime li può colpire, perseguitare, disperdere, ma non potrà mai aver ragione della loro opposizione, perché non si può estirpare un istinto morale”.

Non si può estirpare un istinto morale. Erano le parole incisive e coraggiose con le quali Ferruccio Parri, orgogliosamente, ribadiva la sua volontà e responsabilità all'espatrio di Filippo Turati.
L'epoca nella quale viveva Ettore, sulla carta era una repubblica democratica; fondata sull’opulenza per i benestanti, ma devastata nella moralità, nell'uguaglianza dei diritti e nell'applicazione della giustizia per il resto del popolo. Ettore Olmus non poteva fare a meno di pensare con sgomento che se chi dirige un popolo si assopisce nel benessere materiale, la storia si ripete; e si ripete più negli aspetti negativi che in quelli positivi...

Tratto dal romanzo L'OCCHIO DI URANIA

 

 

sabato 8 gennaio 2022

PANDEMIA, UN PROGETTO SPERIMENTALE?

   



Da quando abbiamo memoria storica è la prima volta che contemporaneamente tutta l’umanità, senza distinzione di sesso, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, è impegnata a contrastare una stessa causa: difendersi da un “avviso di garanzia”. Lasciando da parte i complottisti, è necessario che tutti gli altri cerchino di risolvere il problema, indifferentemente da chi l'abbia mandato, un demonio, un Dio o, molto più probabile, il Pianeta. Ma se volessimo dare anche ragione a chi pensa al complotto: è il Pianeta che complotta contro l'umanità?
Coloro che professano una fede religiosa, seguendola come verità incontrovertibile, ritengono che tutto sia stato creato e ogni mutamento faccia parte di un preciso disegno: il risultato ben definito di un progetto divino. Una verità assoluta, anche se non dimostrabile.

In questo lungo periodo di pandemia molti creazionisti hanno pregato perché la diffusione del virus cessasse. Anche gli evoluzionisti hanno “pregato”, perché anche loro credono, ma in qualcosa che è mutabile per circostanze e casualità seguendo le leggi della natura. Ogni cosa cambia per migliorare se stessa.
Evoluzionisti o creazionisti, tutti però crediamo nell’efficacia dei provvedimenti che l’uomo può attuare tramite l'azione del singolo, degli istituti politici, economici e sociali e con programmi che i governi possono e devono varare. Solo così possiamo archiviare questa “accusa all’umanità”.

Supponendo che una pandemia che investe tutto il Pianeta possa essere un avvertimento per farci capire che la strada battuta fino a ieri non era quella del "disegno" originale, possiamo dire che si tratta di un segnale per i popoli e per chi li guida.
Si potrebbe addirittura arrivare a pensare che una pandemia non è una punizione ma un regalo: una medicina che viene dal cielo come un manna benefica utile per rinsavire l’umanità e non per avvelenarla.

La verità è che non la manda il cielo ma arriva dalla Terra.

Se, tralasciando coloro che hanno avuto qualcuno colpito mortalmente, creazionisti ed evoluzionisti interpretassimo così la pandemia, dovremmo benedirne l'arrivo e prenderla come se fosse un avviso di garanzia che non avrà un processo ma la condanna definitiva, dalla quale però fortunatamente possiamo salvarci: basta cambiare strada.

Questo non è il primo né l’ultimo pandemico pericolo che corrono tanto l’umanità quanto altri esseri viventi, spesso causati da attività dell’uomo contrastanti con i principi della natura terrestre: allevamenti intensivi, deforestazione, versamenti di sostanze nocive nel terreno, inquinamento delle acque, uso di pesticidi e diserbanti, uso smodato delle risorse che il Pianeta è in grado di fornire e molto altro. Un lungo elenco di probabili attivatori pandemici. Ieri sono state la Spagnola, l’Asiatica, la Peste, il Vaiolo, il Colera, l’AIDS, per citarne alcune. Domani chissà?

Oggi è tempo di fare un compendio dell’azione di questo nuovo virus. Ci sta dicendo che non siamo quello che abbiamo creduto di essere fino a ieri.  Possiamo essere altro: migliori verso la comunità, verso il Pianeta, verso noi stessi e anche verso il Cielo. Possiamo diventare i componenti che realizzano un'opera se solo prendessimo esempio da un formicaio o da un alveare, dove ognuno, oltre a pensare per se stesso, lavora anche per tutta la comunità. L'Uno si salva se salva tutti gli altri. Insomma il virus, che è vecchio milioni di anni più di noi esseri umani ed è capacissimo di mutare all’occorrenza, invisibile come un dio e instancabile come un atleta, ci sta dicendo che anche l’uomo, come è successo già ad altre specie, è destinato all’estinzione. Quello che possiamo e dobbiamo fare è non accelerare questo processo. Dobbiamo agire come se fossimo i componenti di un'orchestra nella quale ognuno ha il suo spartito da seguire e suona per realizzare l'opera. Solo agendo così l’esecuzione sarà "perfetta" e alla fine potremo continuare a darci l'appellativo di sapiens sapiens. E, perché no, alla fine pretendere l'applauso.

lunedì 1 novembre 2021

IL 2 DI NOVEMBRE C’È L’USANZA PER I DEFUNTI ANDARE AL CIMITERO…

Antonio de Curtis

Ascolta 'A LIVELLA

 

Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza
Per i defunti andare al Cimitero
Ognuno ll'adda fà chesta crianza
Ognuno adda tené chistu penziero...

Ascoltare questa poesia di Totò il giorno dei morti equivale a cento visite distratte al cimitero.