Ovvero: LA STORIA SI RIPETE COME LA
RIVOLUZIONE DEI PIANETI
Centocinquant'anni fa, mentre nel
popolo francese fermentava la ribellione verso la monarchia che si
preoccupava dei privilegi di pochi ricchi a danno di molti poveri,
Victor Hugo pubblicava uno dei suoi eccellenti romanzi: Les Miserables
(I Miserabili).
Quel fermento, nel popolo francese,
produsse la prima Rivoluzione Francese, e la Dichiarazione
dei diritti dell'uomo e del cittadino. Nei successivi decenni, le
altre rivoluzioni sfociarono in quel Quarantotto che provocò
l'abbattimento delle monarchie di mezza Europa.
Se nel passo che segue cambiassimo
alcuni nomi citati da Hugo, con quelli di notissimi personaggi
italiani contemporanei, si potrebbe pensare che questo articolo
l'abbia scritto, nei giorni nostri, un giornalista o uno scrittore
che è sdegnato per un generale atteggiamento di arrogante arrivismo
diffuso in tutto il paese; esempio dato, soprattutto, da personaggi
da noi innalzati ( con il consenso o col silenzio ) agli scanni più
alti delle istituzioni, soprattutto della politica. Una politica che
se ne infischia dei problemi del popolo, perché sa che la maggior
parte dei cittadini sono come loro: pensano soltanto al proprio
arrivismo e al bene personale.
Tratto dalla Prima Parte dei Miserabili (1862)
… Viviamo in una
triste società, nella quale ci piomba addosso goccia a goccia dalla
corruzione un solo insegnamento: riuscire.
Diciamolo pure en
passant: ciò che si chiama successo è cosa orrida per la sua falsa
somiglianza con il merito, e inganna gli uomini. Per la folla, la
riuscita ha quasi lo stesso aspetto della supremazia. Il successo
questo sosia del talento inganna anche la storia. Giovenale e Tacito
soltanto ne dubitavano. Ai nostri giorni una filosofia quasi
ufficiale è entrata al servizio del successo, porta la sua livrea e
ne sorveglia l'anticamera. La teoria è: riuscita. Prosperità
presuppone capacità. Vincete un terno, passerete per uomo abile. Chi
trionfa è venerato. Nascere con la camicia, qui sta il segreto.
Abbiate fortuna, e dormite. Siate felici, e vi si crederà grandi.
All'infuori di cinque o sei eccezioni immense che fanno luce di un
secolo, l'ammirazione contemporanea non è altro che miopia. Si
scambia l'orpello per oro. Essere il primo venuto non guasta: purché
si sia arrivati. Il volgare è un vecchio Narciso che adora se stesso
e applaude al volgare. Quella facoltà divina per la quale si è
Mosè, Eschilo, Dante, Michelangelo, Napoleone, la moltitudine
l'attribuisce di primo acchito e per acclamazione a chiunque arrivi
al suo scopo in qualsiasi cosa. Che un notaio si trasformi in
deputato, che un falso Corneille faccia un Tiridate, che un eunuco
giunga a possedere un harem, che un Prudhomme militare vinca per caso
una battaglia decisiva, che un farmacista inventi le suole di cartone
per l'esercito di Sambreet-Meuse e si procuri con quel cartone
venduto per cuoio quattrocentomila franchi di rendita; che un
merciaio sposi l'usura e faccia partorire sette o otto milioni di cui
lui è il padre e lei la madre, che un predicatore diventi vescovo
per la sua voce nasale, che un maggiordomo di una casa nobile esca
così ricco dal suo servizio che lo si faccia ministro delle finanze,
gli uomini chiamano questo, Genio; come chiamano Bellezza la faccia
di Mousqueton e Maestà il muso di Claudio.
Il mondo confonde le
stelle disegnate dai piedi delle anatre sul fango con le vere stelle
che brillano nella profondità del cielo...
Non
era un commento al romanzo, ma una riflessione sul popolo dell'epoca.
La storia dei popoli si ripete
periodicamente come la rivoluzione dei pianeti, e genera altre
rivoluzioni che servono a livellare le disparità che l'interesse
privato, unito all'arrivismo e alla corruzione, produce a danno
dell'interesse comune. Quindi, ad ogni epoca, sarebbero necessarie le
ribellioni di massa. Ribellioni non necessariamente violente. Penso
che nell'epoca in cui viviamo sarebbe possibile una rivoluzione
democratica: basterebbe dare il nostro consenso (soprattutto quello
elettorale) solo a chi non si è mai macchiato di ladrocinio e
corruzione. Se questa possibilità ancora in futuro non ci venisse
data, avrei un'altra idea: inserire all'interno della scheda
elettorale (ma se ciò invalidasse il voto, consegnarlo al presidente
del seggio ) un foglio con i nomi di corruttori e scippatori di
popolo conosciuti personalmente o conclamati pubblicamente,
invitandoli ad espatriare in un'isola senza Stato, dove si possano
liberamente derubare, frodare e scannare tra loro. Un solo nome
potrebbe apparire come una personale vendetta, ma se quel nome fosse
ripetuto migliaia di volte, diventerebbe: Vox populi, vox Dei. E,
per tornare alla storia, scriveva Catone qualche secolo a.c., più o
meno così:”I ladri di beni privati passano la vita in
carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e nelle
alte cariche”. La storia si
ripete!
Ma le responsabilità non sono soltanto
di chi amministra: senza una buona educazione civica non è possibile
una sensibilizzazione verso un interessamento e un controllo sulla
cosa pubblica. Finché ciò che riteniamo appartenerci finisce sulla
soglia di casa nostra, le frodi allo stato e alle cose comuni non ci
indignano a sufficienza. Chissà se molti di noi, al loro posto, farebbero lo stesso?
Per attuare una vera ribellione contro
chi ci governa (dall'amministratore di condominio al presidente del
consiglio), dovremmo prima ribellarci contro noi stessi che
permettiamo questi abusi. Non esiste popolo, con un sistema di
democrazia che funzioni, che non se lo sia costruito con impegno,
fatica, e a volte, purtroppo, anche con il sangue. Ma a proposito di
sangue: qualcuno pensa che non andare a votare sia una forma di
rivoluzione. Voglio urlare di dolore per questa sciagurata soluzione:
è non far più affluire sangue nelle arterie della Democrazia.
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