sabato 8 gennaio 2022

PANDEMIA, UN PROGETTO SPERIMENTALE?

   



Da quando abbiamo memoria storica è la prima volta che contemporaneamente tutta l’umanità, senza distinzione di sesso, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, è impegnata a contrastare una stessa causa: difendersi da un “avviso di garanzia”. Lasciando da parte i complottisti, è necessario che tutti gli altri cerchino di risolvere il problema, indifferentemente da chi l'abbia mandato, un demonio, un Dio o, molto più probabile, il Pianeta. Ma se volessimo dare anche ragione a chi pensa al complotto: è il Pianeta che complotta contro l'umanità?
Coloro che professano una fede religiosa, seguendola come verità incontrovertibile, ritengono che tutto sia stato creato e ogni mutamento faccia parte di un preciso disegno: il risultato ben definito di un progetto divino. Una verità assoluta, anche se non dimostrabile.

In questo lungo periodo di pandemia molti creazionisti hanno pregato perché la diffusione del virus cessasse. Anche gli evoluzionisti hanno “pregato”, perché anche loro credono, ma in qualcosa che è mutabile per circostanze e casualità seguendo le leggi della natura. Ogni cosa cambia per migliorare se stessa.
Evoluzionisti o creazionisti, tutti però crediamo nell’efficacia dei provvedimenti che l’uomo può attuare tramite l'azione del singolo, degli istituti politici, economici e sociali e con programmi che i governi possono e devono varare. Solo così possiamo archiviare questa “accusa all’umanità”.

Supponendo che una pandemia che investe tutto il Pianeta possa essere un avvertimento per farci capire che la strada battuta fino a ieri non era quella del "disegno" originale, possiamo dire che si tratta di un segnale per i popoli e per chi li guida.
Si potrebbe addirittura arrivare a pensare che una pandemia non è una punizione ma un regalo: una medicina che viene dal cielo come un manna benefica utile per rinsavire l’umanità e non per avvelenarla.

La verità è che non la manda il cielo ma arriva dalla Terra.

Se, tralasciando coloro che hanno avuto qualcuno colpito mortalmente, creazionisti ed evoluzionisti interpretassimo così la pandemia, dovremmo benedirne l'arrivo e prenderla come se fosse un avviso di garanzia che non avrà un processo ma la condanna definitiva, dalla quale però fortunatamente possiamo salvarci: basta cambiare strada.

Questo non è il primo né l’ultimo pandemico pericolo che corrono tanto l’umanità quanto altri esseri viventi, spesso causati da attività dell’uomo contrastanti con i principi della natura terrestre: allevamenti intensivi, deforestazione, versamenti di sostanze nocive nel terreno, inquinamento delle acque, uso di pesticidi e diserbanti, uso smodato delle risorse che il Pianeta è in grado di fornire e molto altro. Un lungo elenco di probabili attivatori pandemici. Ieri sono state la Spagnola, l’Asiatica, la Peste, il Vaiolo, il Colera, l’AIDS, per citarne alcune. Domani chissà?

Oggi è tempo di fare un compendio dell’azione di questo nuovo virus. Ci sta dicendo che non siamo quello che abbiamo creduto di essere fino a ieri.  Possiamo essere altro: migliori verso la comunità, verso il Pianeta, verso noi stessi e anche verso il Cielo. Possiamo diventare i componenti che realizzano un'opera se solo prendessimo esempio da un formicaio o da un alveare, dove ognuno, oltre a pensare per se stesso, lavora anche per tutta la comunità. L'Uno si salva se salva tutti gli altri. Insomma il virus, che è vecchio milioni di anni più di noi esseri umani ed è capacissimo di mutare all’occorrenza, invisibile come un dio e instancabile come un atleta, ci sta dicendo che anche l’uomo, come è successo già ad altre specie, è destinato all’estinzione. Quello che possiamo e dobbiamo fare è non accelerare questo processo. Dobbiamo agire come se fossimo i componenti di un'orchestra nella quale ognuno ha il suo spartito da seguire e suona per realizzare l'opera. Solo agendo così l’esecuzione sarà "perfetta" e alla fine potremo continuare a darci l'appellativo di sapiens sapiens. E, perché no, alla fine pretendere l'applauso.

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