La frenesia delle feste natalizie mi mette tristezza. Posso giurare
che l’origine della mia tristezza non ha una motivazione ben chiara. Sono
triste fino al due di gennaio, poi passa. Ma so di certo che quello che passa a
volte ritorna.
Quest’anno forse ho capito da cosa potrebbe
derivare questa periodica malinconia. Da una frase di Martin Luther King: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli,
a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato a vivere come fratelli.”
A proposito di fratelli che chiedono
aiuto…
Voglio fare gli auguri per il 2017
raccontando uno strano sogno che feci molti anni fa.
Una notte sognai che qualcuno bussava alla
porta. Andai ad aprire e mi trovai di fronte un signore che non avevo mai visto
prima.
«Sono un coinquilino», mi disse. «E
avrei da dirle qualcosa…»
Non avendolo mai visto prima gli chiesi
se fosse un nuovo arrivato.
«No!» esclamò. «Non sono un nuovo arrivato.
Sono uno che ha camminato…»
«Non capisco!» gli dissi. «Ma mi dica in
cosa posso esserle utile.»
«Per quanto tempo pensa che possa durare…?»
«Che cosa non potrà durare?» chiesi,
convinto che stesse sbagliando persona.
«Che lei sguazzi nel benessere, mentre
io soffro la fame!»
«Ma cosa sta dicendo? Non l’ho mai vista
prima d’ora.» risposi io contrariato per quell’accusa immeritata.
«Cerco di spiegarmi meglio», disse lui
con molta calma. «Lei deve smetterla di venirmi a mostrare il suo benessere,
portandomi qualche avanzo, in segno di compassione, o per mettersi a posto
l’anima con il prossimo. Quanto tempo pensa che potrà durare?»
Gli ripetei che continuavo a non capire,
che ero infastidito e mi stavo anche irritando un tantino.
Allora lui, sempre con molta calma, iniziò
a parlare al plurale.
«Voi per lavarvi la coscienza venite a
farci l’elemosina. E intanto ci portate via le nostre risorse. Quelle che madre
natura ha dato a noi. No! No! Lo so. Sta per dirmi che ancora non riesce a
capire… Che non mi ha mai visto prima d’ora… Eccetera, eccetera. Forse lei
personalmente potrebbe avere una parte di ragione. Ma io non sto più dicendo lei, sto dicendo voi.»
Ero stupito del fatto che il suo
argomentare fosse più che giustificato e il tono della voce e l’atteggiamento
non fosse di ostilità. Anzi, mostrava molta calma, quasi cordialità. Allora,
anche se ero quasi irritato, decisi di assecondarlo nel tono.
«Signore. Forse lei sta sbagliando
persona, o addirittura condominio…»
«Vedo che, anche se non comprende quello
che voglio dirle, lei è in buona fede», mi rispose. «Allora le voglio
raccontare una storiella che l’aiuterà a comprendere…» E iniziò a raccontare, a
modo suo, uno dei racconti di Esopo.
«C’era
una volta un’anziana donna, che aveva una malattia agli occhi. Per farseli
curare chiamò un medico a domicilio.
Iniziate
le sue visite a domicilio, dopo aver fatto una diagnosi, il medico le disse che
erano necessari una serie di impacchi agli occhi, ma dopo la medicazione doveva
tenerli chiusi per qualche tempo. Così avrebbe fatto nelle visite successive.
Quando
andava via, uno alla volta, il medico si portava alcuni oggetti preziosi della
paziente. E quando disse alla donna che era guarita, e le chiese il compenso
pattuito, aveva già portato via tutto quello che gli interessava.
La
vecchia, scoprendo l’inganno, si rifiutò di pagarlo, e finirono davanti ad un
giudice.
In
tribunale la vecchietta si difese così: «Si è vero, ho promesso un compenso se
mi avesse guarito gli occhi, ma ora, dopo la cura, sto peggio di prima: Allora,
infatti, vedevo tutti gli oggetti nella mia casa, ora dopo la cura non riesco più
a vederne nemmeno uno.»
Dopo riprese
a dirmi: «Se ho bussato alla sua porta è un caso; avrei potuto bussare al suo vicino o
rivolgermi a un passante qualsiasi. Non sarebbe cambiato nulla nelle risposte
che avrei ricevuto: “Non so… Non la conosco”». L’uomo mi fece segno di
avvicinarmi e a bassa voce aggiunse: «Qualcuno risponde che siamo in troppi… Ma a lei, che non mi sembra una persona
ostile, voglio dire che per secoli, in tanti, con la scusa di aiutarci, siete
venuti nelle nostre terre a saccheggiare di tutto. Dai reperti archeologici,
alla carne umana schiavizzata; dalle risorse del sottosuolo per far
muovere le vostre macchine, alle scorrazzate nelle savane per safari e inutili
trofei.
Oggi noi vi chiediamo di applicare il
principio dei vasi comunicanti: un poco di accoglienza che troppo spesso ci viene
negata.
Per quanto tempo pensate che possa
durare…?»
Quando mi ridestai da quel sogno, non
avevo capito che un giorno realmente quell’uomo avrebbe affrontato molti
pericoli; attraversato deserti e mari per fuggire dalla fame, dalle malattie,
dai soprusi che offendono l’umanità e avrebbe nuovamente bussato alla mia porta
per chiedermi di essere aiutato.
Parecchie volte, dopo il sogno, mi sono
chiesto quanto tempo sarebbe passato prima che ciò accadesse, e mi sono anche
domandato: quando accadrà, io che farò?
Quell’uomo del sogno non era solo il mio
vicino di casa: a bussare alla mia porta erano anche i miei vicini di
continente; anzi, i nostri coinquilini della terra.
Durante le feste nelle quali in molti,
credenti e non credenti, festeggiamo i natali di Gesù Cristo, forse dovremmo
anche volgere uno sguardo alla sofferenza di chi chiede un aiuto. Dovremmo farlo,
sia in nome di quel figlio
sacrificato, che del benefico giovamento che si può avere, come dice Gandhi,
nell’imparare a vivere come fratelli.
Francesco
Corradino