Per scrivere questa riflessione, mi sono ispirato a Enrico Brignano, comico di professione. |
“ Chi sogna soltanto di notte fa sogni effimeri. Chi sa sognare anche da sveglio trasforma il sogno nel suo destino”
Per scrivere questa riflessione, mi sono ispirato a Enrico Brignano, comico di professione. |
“LA DECIMA MUSA”
C’è una musa che mi tiene sempre d’occhio,
è molto attenta e mai che si distrae.
È cauta e puntuale come il grillo di Pinocchio.
Di quest’essere conosco solo il suo parlare:
poche parole e sempre sussurrate.
Non mostra il viso ma sa come farsi notare.
Interviene sempre con ragione e mai è casuale.
Non sentenzia e non condanna,
pur essendo intransigente più di un tribunale.
È una voce che comunica solo con bisbigli;
lo fa con tatto e discrezione:
indica vie, dà pareri e a volte anche consigli.
Non è madre, non è figlia né parente alla lontana,
fa quello che un amico deve fare:
lanciar parole, e non frecce come fa la dea Diana.
Di solito si mostra saggia e argomenti ne ha molti.
Un po’ giudice e un po’ consigliera,
mette in guardia sull’agire quando i fini sono stolti.
Non ha peli sulla lingua e non cura l’apparenza.
Parla con garbo e perseveranza.
Chiede conto di azioni che han creato sofferenza.
Mi disturba ed è severa quando pretende spiegazioni.
Vuol conoscere il necessario,
o il motivo superiore che giustifichi certe azioni.
Nemmeno tace un malinteso, è suo mestiere farlo.
Lo comunica all’orecchio piano,
e se deve evitare un danno è tenace come un tarlo.
Mi rattrista quando richiama con sermoni e affondi.
E c’è un rischio a non darle retta:
sa lasciar segni nell’anima che son molto profondi.
È la Coscienza ed è vano ignorare il suo"cantare":
lei non può tacere un disappunto.
Per non sentirla basta non darle motivo di fiatare.
F.C.
25 aprile, festa della Liberazione,
Un omaggio a Ferruccio Parri
... Dopo la visita a Mazzini Ettore salì per il vialetto che, abbarbicandosi
sulla collina, portava in una zona del cimitero chiamato Boschetto dei Mille,
per poi dirigersi dove si trovava una delle sue opere: la statua di Urania.
Lungo la salita dedicò un'altra breve ma doverosa sosta, nel Boschetto
Irregolare, alla tomba di Ferruccio Parri, “Nobilissimo patriota, protagonista
indomito della resistenza al fascismo” Così recita la lapide.
Ettore ammirava Parri perché divenuto, per il suo coraggio, il simbolo
dell'Avversione Morale verso la dittatura fascista.
Ferruccio Parri nel 1927 venne accusato dal Tribunale Repressivo, istituito dal
regime fascista, di aver organizzato e messo in atto, insieme a Carlo Rosselli
e Sandro Pertini, la fuga in Corsica di Filippo Turati.
Arrestato e processato per tale azione, tra un interrogatorio e l'altro, Parri
scrisse una lettera di spontanea confessione al giudice del Regime.
Tra i documenti che Ettore aveva nel cassetto, dai quali attingeva idee e
ispirazione, c'era una copia della lettera di Ferruccio Parri indirizzata al
giudice del Tribunale Repressivo. Quella lettera era l'espressione del pensiero
dei giovani antifascisti che, come Mazzini, sognavano la Repubblica e la
sognavano democratica.
“Le mie idee sono di altri mille giovani, generosi combattenti ieri, nemici
oggi, del traffico di benemerenze e del baccanale di retorica che
contrassegnano e colorano l'ora fascista. Indenni da responsabilità recenti,
intransigenti perché disinteressati, intransigenti verso il fascismo perché
intransigenti con la loro coscienza, sono questi giovani i più veri antagonisti
del regime, come quelli che hanno immacolato diritto di erigersene a giudici.
Ad essi il fascismo deve, e dovrà, rendere strettamente conto delle lacrime e
dell'odio di cui gronda la sua storia, dei beni morali devastati, della nazione
lacerata. Il regime li può colpire, perseguitare, disperdere, ma non potrà mai
aver ragione della loro opposizione, perché non si può estirpare un istinto
morale”.
Non si può estirpare un istinto morale. Erano le parole incisive e coraggiose
con le quali Ferruccio Parri, orgogliosamente, ribadiva la sua volontà e
responsabilità all'espatrio di Filippo Turati.
L'epoca nella quale viveva Ettore, sulla carta era una repubblica democratica;
fondata sull’opulenza per i benestanti, ma devastata nella moralità,
nell'uguaglianza dei diritti e nell'applicazione della giustizia per il resto
del popolo. Ettore Olmus non poteva fare a meno di pensare con sgomento che se
chi dirige un popolo si assopisce nel benessere materiale, la storia si ripete;
e si ripete più negli aspetti negativi che in quelli positivi...
Tratto dal romanzo L'OCCHIO DI URANIA
In questo lungo periodo
di pandemia molti creazionisti hanno pregato perché la diffusione del virus
cessasse. Anche gli evoluzionisti hanno “pregato”, perché anche loro credono,
ma in qualcosa che è mutabile per circostanze e casualità seguendo le leggi
della natura. Ogni cosa cambia per migliorare se stessa.
Evoluzionisti o creazionisti, tutti però crediamo nell’efficacia dei
provvedimenti che l’uomo può attuare tramite l'azione del singolo, degli
istituti politici, economici e sociali e con programmi che i governi possono
e devono varare. Solo così possiamo archiviare questa “accusa all’umanità”.
Supponendo che una
pandemia che investe tutto il Pianeta possa essere un avvertimento per farci
capire che la strada battuta fino a ieri non era quella del "disegno"
originale, possiamo dire che si tratta di un segnale per i popoli e per chi li
guida.
Si potrebbe addirittura arrivare
a pensare che una pandemia non è una punizione ma un regalo: una medicina che
viene dal cielo come un manna benefica utile per rinsavire l’umanità e non per
avvelenarla.
La verità è che non la
manda il cielo ma arriva dalla Terra.
Se, tralasciando coloro
che hanno avuto qualcuno colpito mortalmente, creazionisti ed evoluzionisti interpretassimo
così la pandemia, dovremmo benedirne l'arrivo e prenderla come se fosse un
avviso di garanzia che non avrà un processo ma la condanna definitiva, dalla quale
però fortunatamente possiamo salvarci: basta cambiare strada.
Questo non è il primo né
l’ultimo pandemico pericolo che corrono tanto l’umanità quanto altri esseri
viventi, spesso causati da attività dell’uomo contrastanti con i principi della
natura terrestre: allevamenti intensivi, deforestazione, versamenti di sostanze
nocive nel terreno, inquinamento delle acque, uso di pesticidi e diserbanti, uso
smodato delle risorse che il Pianeta è in grado di fornire e molto altro. Un
lungo elenco di probabili attivatori pandemici. Ieri sono state la Spagnola,
l’Asiatica, la Peste, il Vaiolo, il Colera, l’AIDS, per citarne alcune. Domani
chissà?
Oggi è tempo di fare un
compendio dell’azione di questo nuovo virus. Ci sta dicendo che non siamo
quello che abbiamo creduto di essere fino a ieri. Possiamo essere altro:
migliori verso la comunità, verso il Pianeta, verso noi stessi e anche verso il
Cielo. Possiamo diventare i componenti che realizzano un'opera se solo
prendessimo esempio da un formicaio o da un alveare, dove ognuno, oltre a
pensare per se stesso, lavora anche per tutta la comunità. L'Uno si salva se
salva tutti gli altri. Insomma il virus, che è vecchio milioni di anni più di
noi esseri umani ed è capacissimo di mutare all’occorrenza, invisibile come un
dio e instancabile come un atleta, ci sta dicendo che anche l’uomo, come è
successo già ad altre specie, è destinato all’estinzione. Quello che possiamo e
dobbiamo fare è non accelerare questo processo. Dobbiamo agire come se fossimo
i componenti di un'orchestra nella quale ognuno ha il suo spartito da seguire e
suona per realizzare l'opera. Solo agendo così l’esecuzione sarà "perfetta"
e alla fine potremo continuare a darci l'appellativo di sapiens sapiens. E,
perché no, alla fine pretendere l'applauso.
Antonio de Curtis |
Ascolta 'A LIVELLA
Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza
Per i defunti andare al Cimitero
Ognuno ll'adda fà chesta crianza
Ognuno adda tené chistu penziero...
Ascoltare questa poesia di Totò il giorno dei morti equivale a cento visite distratte al cimitero.