"Continua a piantare i
tuoi semi, perché non saprai mai
quali cresceranno, forse lo faranno tutti."
(Albert Einstein)
Per la creazione di una sana civiltà non servono “salvatori”, perché ce ne vorrebbero tanti quanti sono gli abitanti della terra. Di certo c'è che ognuno cerca di salvare se stesso. Per una nuova Creazione fatta dagli umani servono seminatori e coltivatori.
Molte opere costruite dall'uomo affascinano l'umanità
intera. Sono le grandi costruzioni materiali, antiche e recenti, opere che suscitano
meraviglia per l'ingegno e la quantità di lavoro che è stata necessaria per
realizzarle. Tra queste le piramidi di Giza, il Colosseo di Roma, la Grande
Muraglia cinese, la Sagrada Familia di Barcellona e tante altre sparse in tutto il
pianeta. Altrettanto grandi ma meno eclatanti sono i canali che uniscono oceani
o mari, linee ferroviarie che attraversano interi continenti, gallerie e
spettacolari ponti. Chiunque può notare l’esistenza di queste opere perché sono
imponenti.
Difficilmente però ci si sofferma a pensare al fiume di
sudore che è stato necessario per realizzarle. Sudore versato da migliaia di
piccoli “coltivatori” che con il loro lavoro hanno fatto crescere l’opera
portandola a compimento. Sono questi i veri artefici: coloro che hanno unito la
loro piccola opera a quella di altri per costruirne una molto più grande.
E poi ci sono le opere create dalla natura, molte ancor più
affascinanti di quelle costruite dall'uomo, visibili con un semplice sguardo:
grotte, cascate, canyon, vette, panorami mozzafiato, barriere coralline e
altro, nelle quali l’uomo può godere di queste bellezze senza aver messo
nessuna goccia di sudore.
Altre grandi "costruzioni", non facilmente visibili perché non
eclatanti, sono le opere dei "creatori di civiltà". Non è
possibile vederle con un semplice sguardo, come si fa con tutte le
altre opere, ma è facile sentirle nel battito della vita. Sono la costruzione dei
diritti inviolabili degli esseri umani, progetti creati da “seminatori” e
“coltivatori” che hanno dato dignità alla vita stessa; altri, ancora in
costruzione, fanno sperare in una più equa e pacifica convivenza dell’umanità.
Si tratta di un esercito di persone, invisibili all’occhio
distratto delle masse abbagliate dal falso benessere, seminatori e coltivatori
che, senza far chiasso, come gli apici delle
radici di un albero cercano e procurano alimento alla pianta della società.
Queste opere, che potremmo definire lavoro della "creazione",
nascono da anime nobili che quando escono di casa al mattino, oltre alle cose
che devono fare per vivere la loro vita, hanno in mente anche un altro
pensiero; o meglio, più che un pensiero, una missione: spargere i semi, per una
civiltà più sana, nel terreno
antropico che calpesteranno durante il loro cammino.
Non hanno un punto preciso o un tempo ideale dove mettere a
dimora i loro semi e non servono studi, titoli, ricchezze e nemmeno targhe
fuori dalla porta, consensi popolari o cariche onorifiche. Chiunque può farlo:
serve soltanto avere una tasca immaginaria nello spirito e tenerla sempre piena
di questi semi. È però necessario che quella "tasca", che al mattino
è piena, la sera sia svuotata. Così le anime nobili costruiscono la loro grande
opera invisibile all’occhio distratto.
Perché alcune persone, nonostante i problemi contingenti
alla loro vita, fanno anche questo?
Forse per amore? Per altruismo? Per generosità o per vanità?
Non si sa. Lo fanno e basta con un preciso principio: costruire una Civiltà.
È probabile che la maggior parte di questi seminatori siano
consapevoli che molti di quei semi che spargono vadano persi senza neanche
germogliare. E altri appena germogliati poi muoiono per mancanza di cure. Ma ce
ne sono che avranno una loro vita. Inizialmente vivono di energia propria, come
fa l’embrione di un pulcino dentro l’uovo. Poi c'è qualcuno, un coltivatore,
che incontrando quell'inizio di civiltà pensa: “Oh guarda! Guarda! Credo che in
quel germoglio ci sia qualcosa di buono. Sto pensando che, se lo curo,
crescendo potrebbe contribuire a migliorare il mondo. Forse mi sbaglio e la mia
opera non servirà a nulla, ma può anche darsi che qualcosa potrà fare. Voglio provare
ad alimentarlo e curarlo, non si sa mai che anch'io possa fare la mia parte…”
Allora decide di adottarlo. Lo nutre per farlo
crescere e, a sua volta, produrre dei semi che andranno a riempire la tasca di
qualche altro seminatore che, quando al mattino esce di casa, non pensa
soltanto a ciò che dovrà fare per vivere la sua vita, ma...
Questo articolo, in una versione ampliata, è su "TERZO PIANETA"
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