In quell'articolo, in cui facevo
soprattutto riferimento al problema della plastica, raccontavo anche di un
nido di merlo costruito non solo con pagliuzze, foglie, lana e piume, ma
tristemente anche con striscioline di plastica.
Il nido di cui parlavo nell'articolo
era dentro un Trachelospermum jasminoides (falso gelsomino) nel terrazzo
di casa mia.
Durante il lockdown, a causa del coronavirus, eravamo chiusi in casa da parecchie settimane e non ricevevamo visite, nemmeno quelle dei nostri figli che, per non avere contatti, ci facevano la spesa, la mettevano in ascensore e noi la ritiravamo al piano.
Nel pomeriggio del giorno di Pasqua,
con mio grande piacere, ricevemmo una gradita visita.
Due merli, credo gli stessi che l'anno
prima avevano costruito il nido nel gelsomino, vennero sul terrazzo per
un sopralluogo. Questa volta però non come costruttori ma come riutilizzatori.
Grazie al riflesso nel vetro che
dall'esterno impediva loro di vedere me, da dietro la finestra li potei
osservare senza spaventarli.
Uno dei due, penso il
maschio, si era fermato sulla ringhiera del balcone e osservava la merla
che con fare sbrigativo si dava da fare nel cercare di dare una
risistemata al vecchio nido.
Ipotizzai che fosse la merla a
sistemarlo, perché generalmente le femmine sono molto più attente di noi
maschi nella cura della prole.
Subito pensai che volessero
riciclarlo e ne fui felice; anche se questo voleva dire usare meno e con
cautela il terrazzo per almeno tre settimane: giusto il tempo tra deporre le
uova, covarle e svezzare i piccoli.
Chi conosce il canto dei merli sa
che possono riprodurre diversi motivi. Ascoltarli attentamente dà la sensazione
che discutano educatamente senza interrompersi l'un l'altra come spesso
facciamo noi umani. Se qualcuno ha dubbi su quello che dico non deve fare altro
che ascoltarli al mattino, soprattutto in primavera.
Rimasero impegnati in quell'attività
di ispezione una decina di minuti "chiacchierando" allegramente.
Intanto che lei sistemava il nido immaginai che lui, come capita spesso a noi
maschietti, oltre ad osservare desse superflui consigli. Poi la
merla si spostò sulla ringhiera e il maschio fece anch'egli una breve ispezione
al nido; infine tornò sulla ringhiera, fecero ancora un altro discorsetto e poi
volarono via.
Per un po' di giorni aspettai e
sperai che tornassero a utilizzare quel vecchio nido per la covata dell'anno
anche se pensare a quei piccoli merli nella plastica mi disturbava, ma questo
non successe.
Per non chiudere definitivamente con
quella gradita visita, tenni vivo quell’accadimento cercando con un po' di
fantasia di immaginare cosa si fossero detti il giorno dell'ispezione.
In quella allegra chiacchierata del
giorno di Pasqua, mentre la femmina cercava di risistemare le pagliuzze
avrà detto al compagno che quel nido non poteva andar bene per procreare.
In effetti non so se fossero stati loro o un'altra coppia ad averlo costruito
l’anno prima: posso solo immaginarlo. Di certo c’è che dopo la costruzione rimase
inutilizzato.
«Ricicliamolo!»
avrà detto il maschio, «Basta una piccola risistemata e avremo un nido
già pronto senza dover trasportare molto materiale per costruirne uno
nuovo».
«Lo
vuoi capire che non faccio nascere i miei figli in questa porcheria di
plastica!» sicuramente ha risposto la merla con decisione.
«Quando
l'abbiamo costruito», probabilmente insisteva il maschio, «i prati
erano pieni di quella plastica e tu eri d'accordo a utilizzarla. Perché poi hai
cambiato idea?»
«Perché!?
perché da sempre i nostri avi hanno costruito il nido con materiali naturali.
Questa modernità non mi piace affatto! Già l'anno scorso ti dissi che non
andava bene stravolgere le buone tecniche.»
Rimasero in silenzio per un po'
(cosa che avvenne realmente). Poi il maschio avrà cercato ancora di
convincerla: «Se
gli umani si affannano a costruire tutto di plastica vuol dire che conviene!
Ma se proprio non ti va… Togliamo la plastica e ricicliamo il resto. Comunque
sarebbe fatica in meno…»
«E
che ne facciamo della plastica?» avrà chiesto la merla, «Non
possiamo riportarla dove l’abbiamo presa e nemmeno possiamo lasciarla cadere
nel terrazzo di queste persone che ci ospitano».
«La
facciamo cadere in strada...» avrà proposto lui.
«E
bravo! Così facciamo rimproverare i padroni di questo terrazzo. Perché tutti i
passanti penseranno che siano loro a buttarla giù».
Se volessi continuare con quella
improbabile discussione della coppia di merli, potrei scriverci un romanzo,
tanta è la mia avversione per l'uso smodato che facciamo della plastica: poca
attenzione a ridurne l’uso, a non disseminarla ovunque, scarso impegno nel
riciclarla e nel differenziare quella da smaltire.
Se i merli raccolgono striscioline di
plastica nei prati e negli arbusti per usarla nei loro nidi, è perché c'è chi
li dissemina ma purtroppo non c'è chi li raccoglie.
Ho osservato per molto tempo come avviene il taglio del l'erba nei giardini pubblici e ne ho ricavato l'impressione che spesso non si cura il prato ma la raccolta. Succede che dopo la falciatura, l’erba viene raccolta ma vengono lasciati nel prato, carte, lattine, plastica e quant'altro la macchina ha trinciato.
Contemporaneamente ho anche osservato chi fa la manutenzione degli alberi: dopo la potatura raccolgono rami rametti e fogliame e spazzano la superficie per lasciarla pulita. Non capisco perché questo sistema non si debba adottare anche per la “potatura” dell’erba.
Con un pizzico di malizia potrei pensare che l’interesse sia quello di raccogliere più erba possibile per farne composto e si lascia nel prato tutto il resto.
È lì che prevalentemente i poveri uccelli, inquinando i loro nidi, raccolgono quello che non dovrebbe essere tra l’erba.
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